icon

abcDiabete

Piede diabetico: cura e prevenzione

Indice dei contenuti

  1. Definizioni
  2. Fisiopatologia
  3. Identificazione e cura del piede diabetico
  4. Ortesi
  5. Caratteristiche della calzatura
  6. Epidemiologia e conclusione

abcDiabete

Definizioni

Il piede diabetico è una condizione di infezione, ulcerazione e/o distruzione dei tessuti profondi associate ad anomalie neurologiche e a vari gradi di vasculopatia periferica degli arti inferiori. (def. OMS)

Va sempre aggiunto, anche per mantenere elevata l'attenzione verso la condizione, spesso sottovalutata, che il piede diabetico è, per definizione, caratterizzato da infezione ed ulcerazione, ma resta comunque a rischio anche un piede che non abbia o abbia avuto la lesione infettiva o traumatica, ma che abbia delle deformità piuttosto che una o tutte e due le complicanze (arteriopatia e neuropatia).

Infezione, ulcerazione o distruzione dei tessuti del piede di una persona con diabete mellito attualmente o precedentemente diagnosticato, solitamento accompagnata da neuropatia e/O PAD agli arti inferiori. (IWGDF 2019)

Fisiopatologia

Si caratterizza per la presenza di una o tutte e due le maggiori complicanze del piede diabetico quali neuropatia, che comporta una assenza di sensibilità protettiva oppure la presenza di deformità che espongono il piede ad uno stress meccanico alterato fino all’ulcera, e arteriopatia, ossia un inadeguato apporto sanguigno. Questi due aspetti, insieme allo stress meccanico, possono portare all’ulcera.

Neuropatia e/o arteriopatia + stress meccanico → ulcera

La neuropatia è una condizione che comporta una sofferenza delle fibre nervose distali secondaria ad iperglicemia di lunga durata e alle relative alterazioni metaboliche. Ciò determina una neuropatia sensitiva-motoria-autonomica. Epidemiologicamente, il 50% dei diabetici con più di 25 anni di malattia va incontro a neuropatia, tanto più quanto minore è il controllo glicemico. La perdita della sensibilità protettiva, con la deformità, con una scarsa mobilità articolare, con una alterazione biomeccanica (ad es. iperpressione plantare) dà luogo ad una callosità. Questa, se non viene rimossa o trattata correttamente, prosegue in emorragia e infine ulcera. Le manifestazioni, generalmente, si hanno soprattutto in corrispondenza delle prominenze ossee, quindi a livello tibiale, metatarsale, calcaneare.

L’arteriopatia si caratterizza per un appporto sanguigno insufficiente, arterosclerosi, aterosclerosi, ridotta guarigione delle lesioni, fino a giungere anche all’amputazione degli arti inferiori. Le arterie colpite sono di solite le sottopoplitee (arterie al di sotto del ginocchio, quindi gamba e piede). Bisogna però sottolineare come la maggior parte delle ulcere siano o neuropatiche o neuroischemiche, quasi mai prettamente arteriopatiche. L’arteriopatia preoccupa nella patologia diabetica perchè, rispetto alla persona non diabetica, il paziente diabetico ha una maggiore probabilità di arteriopatia soprattutto in età più giovane, più distale, multisegmentale, bilaterale, con progressione più veloce verso l’amputazione.

Identificazione e cura del piede diabetico

  1. Identificare il piede a rischio. Il paziente deve preoccuparsi di farsi verificare, di farsi fare degli screening per la situazione vascolare, per la sensibilità, di farsi inserire in una classe di rischio.
  2. Ispezionare ed esaminare regolarmente il piede a rischio. Valutare lo stato vascolare, LOPS, osservare e valutare la cute (colore, temperatura, callosità, edema, annessi cutanei), le articolazioni, le prominenze ossee, le deformità, l'igiene e cura, le limitazioni fisiche, le calzature se inadeguate/usurate. I punti di maggior rischio sono tutte le prominenze ossee, dove maggiormente sarà presente l’ipercarico pressorio e la deformità.
  3. Educare il paziente, la famiglia, gli operatori sanitari, i caregivers. La prevenzione ed educazione deve essere strutturata, organizzata, ripetuta nel tempo e condotta da personale formato; lo scopo è l’autocura, l'autoprotezione e l’aspetto motivazionale, ai fini di prevenzione e diagnosi precoce.
  4. Assicurare l’utilizzo regolare di calzature appropriate. Devono accogliere le deformità, essere prive di cuciture quantomeno nelle zone a rischio ed essere adeguate alla classe di rischio.
  5. Trattare i fattori di rischio ulcerativo. Trattare le callosità, le unghie, le lesioni, fare controlli ripetuti in base alla classe di rischio.

Nel complesso, il piede diabetico è altamente invalidante, determinando costi diretti ed indiretti molto alti. La visita diabetologica e podologica riveste quindi un ruolo preventivo, terapeutico e riabilitativo.

Ortesi

L'ortesi, dal greco "ορθώς τίθημι : disporre correttamente", è un dispositivo esterno al paziente utilizzato al fine di modificare le caratteristiche strutturali e/o funzionali dell’apparato neuro-muscolo-scheletrico.

E’ un dispositivo medico che va inserito all’interno della scarpa, rimovibile, con funzione di ridistribuzione del carico su una superficie maggiore. Se si considera una piccola superficie, come ad es. la testa di un metatarso, si avrà un determinato carico, mentre se la superficie diviene maggiore, come ad es. la pianta del piede, sicuramente il carico diminuisce, ma risulterà ancora troppo alto. Se invece la superficie del piede lavora nella sua interezza è chiaro come nei singoli punti il carico sia minore. Si ridurranno così di molto le probabilità di avere una callosità e quindi una ulcerazione.

L’ortesi plantare deve essere considerata come una terapia perchè riduce l’eccessiva pressione nell’area interessata, riduce lo shock e lo shear stress (stress tangenziale), accomoda, stabilizza e supporta le deformità, limita il movimento delle articolazioni interessate. La neuropatia ha un effetto diretto sulla capacità contrattile del muscolo, con una conseguente diminuzione della forza. Un paziente diabetico da molti anni avrà, pertanto, una limitata mobilità articolare, e questa non fa altro, se non protetta, che far aumentare la pressione in una singola area interessata.

E’ importante ricordare come la scarpa debba lavorare con il suo specifico plantare: non è corretto che il plantare venga spostato su diversi tipi di scarpe, poiché il plantare funziona anche e soprattutto grazie alla calzatura per cui viene progettato e in cui viene inserito.

Le calzature per i pazienti diabetici devono essere indicate in base alla classe di rischio (0, I-IV) e in base alla classe hanno caratteristiche differenti. Ad es. la classe III ha una suola rigida, calzata maggiorata, priva di cuciture, in materiale morbido che permette un alloggio/inserimento delle deformità. Il plantare deve essere termoformabile, su misura, su calco in gesso, in triplo strato, inserito in scarpe idonee (protettive, curative, terapeutiche) nelle persone senza lesione; nei pazienti che hanno lesioni ci sono i tutori di scarico, i gambaletti di scarico, ed è tutto un altro sistema di gestione della lesione. Anche il tacco può essere considerato un elemento di alterazione del carico: più è alto il tacco, più le regioni calcaneare e plantare saranno inclinate aumentando il carico sull’avanpiede e uno scarico del retropiede. Ciò determina anche una variazione del pattern del cammino per perdita di potenza del tendine di Achille (accorgiamento) e dei muscoli demandati alla propulsione. Se invece, al contrario, si sollevano le dita, la parte anteriore, si impedisce alle stesse di partecipare attivamente alla propulsione aumentando il convolgimento posteriore delle teste metatarsali.

Caratteristiche della calzatura

Dal punto di vista biomeccanico, la maggior parte delle calzature in commercio ha una forma che limita i movimenti elicoidali del piede (prono-supinazione) e spesso la concavità della suola sotto le teste metatarsali costringe la leva del piede a lavorare in condizioni sfavorevoli.

Anche la flessibilità è importante perchè, se durante il cammino scalzo il piede può flettere fino a 50° a livello metatarsale, la flessione permessa dalla calzatura nella medesima regione va dai 10° a 40°; si aumenta così il carico e il tempo di carico in quella zona.

Attenzione al peso: il peso della calzatura su misura ha forzatamente un valore maggiore, da 1kg a 1.7kg, e quindi queste calzature saranno poco usate non rivestendo alcun ruolo terapeutico; i pesi raccomandati sono invece normalmente intorno a 500gr per gli uomini e a 350gr per le donne.

Taglia: calzature strette impediscono al piede il naturale allargamento della sua superficie plantare e comportano un aumento di carico sulle strutture coinvolte. E' altresì vero che calzature troppo larghe possono generare frizioni indesiderate tra piede e suola (shear stress). Bisogna tuttavia ricordare che anche le calzature di giusta taglia possono ridurre la superficie di appoggio del piede finanche al 50%.

La riduzione della funzione sensoriale può essere secondaria allo spessore della suola, diminuendo all’aumentare della stessa. La perdita di questa informazione tattile può indebolire l’azione riflessa e la funzione muscolare, con conseguente cammino più insicuro. Nello specifico, nel piede neuropatico, la calzatura possiede un duplice compito: non deve creare ulteriori rischi di ulcerazione e deve fare da protezione per il piede del paziente. Queste dovrebbero avere delle caratteristiche: ridurre pressioni plantari anomale, proteggere da traumi meccanici esterni, prevedere lo spazio per l’inserimento di ortesi plantari, la parte superiore deve essere morbida termoformabile confortevole, ed essere di facile vestibilità. Il plantare deve essere accomodativo e non correttivo, per il discorso della rigidità articolare e della diminuzione della forza muscolare, partecipando quindi solo alla redistribuzione dei carichi ed essere a contatto totale con il piede non modificando la biomeccanica del cammino.

Approfondimento. Le condizioni di sovraccarico in statica sottostimano i picchi pressori che si hanno durante il movimento, sia per tipo di cammino che per tipo di calzatura indossata. Il massimo carico, di solito, in cinematica, durante il cammino, è spostato anteriormente, e ancora differente risulta durante l’attività fisica rispetto al semplice cammino.

L'uso di materiali molto morbidi permette di dare confort e consente lo scarico in zone particolarmente compromesse; tali materiali dovrebbero durare almeno 12 mesi. Bisogna inoltre tenere presente che nella formazione del plantare l’impronta viene fatta al di fuori della calzatura: il plantare dovrà mantenere la congruenza con il piede anche all’interno della stessa! Ciascuna soluzione (calzatura + plantare) va studiata sulle caratteristiche e abitudini del singolo paziente (abitudini quotidiane, esigenze lavorative), va valutata sia da chi la realizza sia da chi le deve collaudare. Una eventuale valutazione strumentale fornisce un valore aggiunto.

Epidemiologia e conclusione

In letteratura ci sono valori di prevalenza che sono estremamente difformi, molto discordanti, facendoci capire come queste differenze, che non osserviamo in altre stime di prevalenza di altre complicanze del diabete, siano fortemente legate alla dimensione di tipo organizzativo. La probabilità che un diabetico possa incorre in una qualsiasi lesione al piede nell’arco della propria vita si colloca tra il 10 e il 25%. Negli anni si sta rilevando un calo di incidenza di ulcere (incidenza 2-4% in EU), di amputazioni totali minori e maggiori: le amputazioni maggiori hanno incidenze di 0.8%, le minori di 2.3% (spesso l’amputazione minore non è una sconfitta, ma una vittoria, permettendo di evitare l’amputazione maggiore).

Gli Standard di Cura ADA 2022 sottolineano come elemento fondamentale sia effettuare una valutazione almeno annuale per identificare i fattori di rischio di sviluppo della complicanza e l’organizzare un approccio di tipo multiprofessionale diviene un elemento di grande significato.

#complicanze #tipo 2