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Diabete mellito: definizione e tipologie

Indice dei contenuti

  1. Definizione
  2. Soggetto sano vs Soggetto diabetico
  3. Patogenesi
  4. Eziologia
  5. Sintomi e complicanze acute
  6. Criteri diagnostici e Target glicemici

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Definizione

Per diabete mellito si intende un gruppo di patologie metaboliche caratterizzate da iperglicemia dovute o a un difetto di secrezione di insulina o ad un difetto di azione dell’insulina oppure ad entrambi i meccanismi. (ADA, 1997)

L’iperglicemia è il minimo denominatore comune di tutto quello che occorre quando si sviluppa una patologia metabolica quale il diabete. Questa é dovuta ad un difetto nella secrezione di insulina. Se nel diabete mellito tipo 1 tale deficit è assoluto, vi può anche essere un difetto nell’azione dell’insulina (si parla in questo caso di insulino-resistenza, tipico del diabete di tipo 2). Nel diabete mellito tipo 2 questi due meccanismi (difetto di secrezione e difetto di azione) possono essere presenti contemporaneamente.

Soggetto sano vs Soggetto diabetico

Fisiologicamente la secrezione di insulina non è mai pari a zero, ossia non si è mai, in qualsivoglia momento della giornata, privi di insulina circolante. Nel soggetto sano c’è sempre, in condizioni basali, insulina prodotta dal pancreas a livelli molto bassi, con una contemporanea controregolazione da parte di ormoni ad azione contraria che mantengono l’equilibrio glicemico. Bisogna quindi ricordare come l’insulina sia presente, seppur a concentrazioni differenti, sempre.

Quando ci si trova invece a consumare dei pasti, colazione pranzo o cena, per mantenere normali valori di glicemia, il pancreas secerne insulina in quantità maggiore. Il pancreas ha infatti un "meccanismo sensore" che, non appena la glicemia aumenta in seguito all’assorbimento dei carboidrati nel tratto digerente e al loro passaggio nel circolo sanguigno, immediatamente indica la necessità di sintetizzare e secernere l’ormone. Si avrà conseguentemente un picco di insulina in circolo, la quale si riduce man mano che il pasto ingerito viene completamente assorbito e metabolizzato.

Se consideriamo il periodo della giornata "dopo cena – notte", ancora una volta si può osservare come l’insulina non torni mai a zero.

L’insulina ha, pertanto, una secrezione basale, più o meno costante, a basse concentrazioni, e una secrezione a boli, episodica, a concentrazioni maggiori, a livello prandiale; nei soggetti non diabetici tutto ciò avviene autonomamente. Nel diabete mellito di tipo 2 anche se l’insulina è presente, nel momento in cui sarebbe necessario un picco secretorio per contrastare l’iperglicemia post-prandiale, spesso viene a mancare la prima fase di secrezione: il picco è molto più basso (rispetto al soggetto sano), ovvero viene prodotta insulina ma non in modo sufficiente a compensare il rialzo della glicemia. Il diabete mellito di tipo 1, invece, si caratterizza per l’assenza di insulina o comunque, quantomeno inizialmente, una concentrazione estremamente bassa della stessa. La differenza tra tipo 1 e tipo 2 è principalmente questa: l’entità del deficit insulinico, assoluto versus relativo, oltre ad altre caratteristiche quali epidemiologia, eziologia e patogenesi.

Patogenesi

Diabete mellito tipo 1

Il processo patogenetico non è esclusivamente uno. Il diabete mellito tipo 1 si caratterizza per una distruzione completa delle beta-cellule pancreatiche (componenti delle isole del Langerhans 1, deputate alla secrezione di insulina), secondaria ad un processo autoimmune in cui autoanticorpi vanno a bersagliare antigeni presenti in tali cellule. Come conseguenza si ha una totale assenza della produzione di insulina (insulino-deficienza).

Diabete mellito tipo 2

Quando invece si manifesta il diabete mellito di tipo 2, si ha dapprima una resistenza all’azione dell’insulina. L’insulina viene prodotta inizialmente anche in quantità più elevate rispetto al necessario per superare questa resistenza all’azione dell’insulina stessa (insulino-resistenza: insulina sintetizzata e secreta non riesce ad agire correttamente sui suoi recettori). L’azione dell’insulina, in condizioni normali, permette alle cellule di fare entrare del glucosio, il “carburante” principe per il metabolismo cellulare. In presenza di l’insulino-resistenza l’ormone viene prodotto dal pancreas ma non è funzionale, non riuscendo a legarsi al recettore e non permettendo quindi l’ingresso di glucosio nella cellula. Di conseguenza il pancreas aumenta il suo lavoro, determinando iperproduzione di insulina al fine di superare questo ostacolo. Ciò provoca, tuttavia, una riduzione nel tempo della produzione di insulina, portando il pancreas ad esaurimento. A questo punto le beta-cellule funzionali tendono a ridursi in numero, ma mai fino a zero come nel tipo 1, e l’insulina comincia ad essere insufficiente nella sua concentrazione in circolo.

Quindi, indipendentemente dal sottotipo di diabete mellito, si manifesta una condizione di iperglicemia che deve essere trattata in quanto, quando cronicamente presente, è associata a danni visibili a breve ma soprattutto a lungo termine in vari organi e tessuti (specialmente in occhi, reni, nervi, cuore e vasi sanguigni).

Eziologia

La classificazione eziologica evidenzia:

Una volta si parlava di diabete insulino-dipendente per il tipo 1, e non insulino-dipendente per il tipo 2. Questi termini sono stati abbandonati poichè in qualsiasi momento della sua vita anche un paziente con diabete mellito di tipo 2 può aver bisogno di insulina. Dal 1997, quindi, l’ADA ha dato queste due indicazioni (diabete mellito di tipo 1 e di tipo 2).

Diabete mellito tipo 1

Il diabete mellito tipo 1 è caratterizzato da una distruzione beta-cellulare attraverso un processo autoimmune cellulo-mediato che determina, in ultima analisi, un deficit assoluto di insulina. Quello che permette di fare diagnosi è la presenza degli autoanticorpi: ICA – IAA – GAD – ZnT8A – IA2/IA2beta. Quando si ha un sospetto diagnostico di diabete mellito di tipo 1 vengono quindi titolati tali anticorpi. Generalmente sono evidenziabili nel 85-90% di tutti i pazienti al momento di riscontro dell’iperglicemia (se la causa è una distruzione della beta-cellula dovuta a questo processo autoimmune).

Dal punto di vista genetico, nel caso del tipo 1, non si parla di ereditarietà, ma di suscettibilità. Esiste una parte del corredo genetico, noto come HLA (Human Leukocyte Antigen), deputato al contenere geni codificanti per l’immunità. Questi geni sono il DQ (A e B) e il DRB (3 e 4), presenti in questo sistema di istocompatibilità nel diabete di tipo 1. Non si eredita quindi direttamente la malattia, ma la predisposizione a sviluppare diverse malattie autoimmuni.

Il diabete mellito di tipo 1 si distingue in:

La patologia è caratterizzata da tutta una storia naturale che siamo però in grado di comprendere solo nell’ultima parte, e che porta alla sviluppo del diabete mellito tipo 1. Il diabete mellito tipo 1 diviene clinicamente evidente solo nella fase successiva a quella in cui compaiono le alterazioni metaboliche (stadio V finale della malattia); la diagnosi avviene quindi conseguentemente, in presenza già della sintomatologia. Le tappe precedenti del processo che porta allo sviluppo conclamato della patologia non sono riscontrabili e non vi si può quindi intervenire per arrestare la riduzione beta-cellulare: fase I) predisposizione genetica, fase II) eventi precipitanti, fase III) fenomeni immunitari, fase IV) alterazioni metaboliche. Gli eventi precipitanti della seconda fase non sono noti nella loro completezza, ma vi sono diverse ipotesi: stress, infezioni virali che possono cambiare la struttura beta-cellulare (l’organismo non le riconosce più come self, scatenando la risposta autoimmune). Nella storia naturale della malattia, in parte, forse, si potrebbe avere una quantomeno parziale rigenerazione delle beta-cellule, ma la riduzione in realtà è continua fino a giungere ad un residuo di circa il 30% della massa cellulare prima che si manifesti iperglicemia conclamata (stadio IV e V: alterazioni metaboliche e diabete clinicamente evidenziabile). Conseguentemente il peptide C 2 si negativizza, indicando indirettamente una percentuale di cellule beta rimaste estremamente ridotta, se non nulla.

In questo tipo di diabete c’è una condizione che può manifestarsi dopo la diagnosi, quando inizia la terapia insulina, nota come “luna di miele” (honeymoon). Tale periodo dura alcune settimane o mesi, più raramente qualche anno, come se il pancreas avesse ripreso a sintetizzare insulina. Durante ciò i pazienti, anche con piccole dosi di insulina, rischiano di andare in ipoglicemia. Il periodo è del tutto transitorio e viene comunque generalmente instaurata e continuata una terapia con minime dosi di insulina per cercare di mantenere l’abitudine a portare avanti la terapia stessa. Al termine del periodo, si ha la terapia insulinica come terapia sostitutiva, unico trattamento possibile per il diabete mellito di tipo 1.

Diabete mellito tipo 2

Il diabete mellito di tipo 2 è caratterizzato da insulino-resistenza, ma può essere associato anche ad un deficit relativo della secrezione insulinica. Nell’eziologia non c’è autoimmunità, ma una forte predisposizione genetica (l'anamnesi familiare spesso evidenzia casi di diabete anche in prima linea). Se nel tipo 1 si eredita quindi una predisposizione a sviluppare gli anticorpi, qui si eredita la predisposizione a sviluppare questa patologia specifica.

La maggior parte dei diabetici (fino all’80%) sono sovrappeso od obesi e la malattia può rimanere non diagnosticata per molti anni: l’iperglicemia si manifesta gradualmente e asintomaticamente. Spesso alla diagnosi si hanno già le complicanze e la diagnosi diviene secondaria proprio alla comparsa di tali alterazioni (es. infarto miocardio, ulcera agli arti inferiori).

I livelli di insulina inizialmente sono spesso normali, non vanno mai incontro alla chetoacidosi, ma sicuramente sono soggetti che vanno incontro maggiormente a rischio di complicanze micro e macro-vascolari (per le patologie associate e perchè la glicemia ha avuto tempo utile a danneggiare gli organi).

I fattori eziologici sono molteplici e ne influenzano lo sviluppo: obesità, familiarità, abitudini alimentari scorrette, stress, sedentarietà, ambiente uterino, esaurimento delle beta-cellule, insulino-resistenza, steatosi epatica. Questi fattori, a differenza del tipo 1, sono modificabili, per cui, ad esempio, obesità e stile di vita scorretto (alimentazione, sedentarietà, stress) devono essere messi sotto esame. La terapia nel diabete mellito di tipo 2 è basata proprio su questi aspetti, dieta ed attività fisica, associati quando necessario ad una terapia farmacologica.

Nella fisiopatologia del diabete mellito tipo 2 si parla di iperglicemia da alterata secrezione e resistenza all’insulina facendo riferimento, inizialmente e principalmente, a 3 - 4 organi: pancreas endocrino (insulina), fegato (ridotta inibizione della gluconeogenesi per bilancio non corretto tra azione di insulina e glucagone), muscolo scheletrico e adipociti (ridotta utilizzazione di glucosio per insulino-resistenza; l’attività fisica favorisce l’uso di glucosio da parte del muscolo). Un ruolo però importante ce l’hanno anche le alfa-cellule pancreatiche, il SNC (in cui vi sono recettori dell’insulina e centri ipotalamici della fame e sazietà), il rene (in grado di eliminare il glucosio attraverso le urine), l’intestino (vengono prodotti entero-ormoni, le incretine GLP-1 e GIP, con azione precisa nel bilanciare la secrezione di insulina e glucagone). Questi sono diventati tutti dei bersagli di farmaci che abbiamo a disposizione nella terapia del diabete di tipo 2.

Altri specifici tipi di diabete

Sono molto rari e sono rappresentati da:

Diabete mellito gestazionale

Si caratterizza per un’alterazione del metabolismo del glucosio (iperglicemia) diagnosticata durante la gravidanza, e di solito regredisce completamente dopo il parto. Questo tipo di diabete non va però dimenticato e sottovalutato, in quanto queste donne sono a rischio di sviluppare diabete mellito di tipo 2 negli anni successivi (utile rifare l’OGTT dopo 8-12 settimane dal parto). Si manifesta nel 6-7% delle gravidanze e, se non controllato, pone a rischio sia la donna sia il bambino (malformazioni fetali e morte intrauterina): queste pazienti vanno seguite sia dal ginecologo che dal diabetologo. Spesso all’anamnesi sono presenti: familiarità, gravidanza precedente con macrosomia (peso del neonato > 4 kg alla nascita), sovrabbeso/obesità. Il primo step nel trattamento è la dietoterapia (la donna non deve prendere peso, se non entro certi limiti) ed eventualmente l’insulina, qualora i target glicemici non siano raggiunti.

Le donne con diabete mellito noto (di tipo 1 o 2), che vogliono una gravidanza, devono programmarla; è necessario che una donna in età fertile comunichi al diabetologo il desiderio di gravidanza. I valori di emoglobina glicata devono essere compatibili con un buon compenso (HbA1c ≤ 6.5%), favorendo così la fecondazione e il buon andamento della gravidanza stessa. Una gravidanza che inizia con glicate indicative di cattivo compenso glicemico può essere caratterizzata da complicanze materno-fetali gravi. La programmazione è importante poichè, prima del concepimento, devono essere rivalutate tutte le terapia in corso, come ad esempio le statine, alcuni farmaci per l’ipertensione arteriosa, la metformina, e va effettuato il posizionamento di microinfusore e sensore. Questi passaggi non possono essere fatti successivamente nei primi 3 mesi di gravidanza in quanto è importante non determinare in tale periodo una variabilità glicemica.

Sintomi e complicanze acute

Sintomi

Soprattutto quando la glicemia è elevata, e si è di fronte ad un diabete scompensato, i sintomi cardine sono rapprensentati da:

Spessissimo questi sintomi non vengono considerati in modo sufficiente durante l’estate, e ciò può portare a diagnosi un po’ tardive. Questi sintomi sono importantissimi nei bambini: la enuresi nel bambino che ha imparato a contenere gli sfinteri e che comincia nuovamente a “bagnare il letto” deve essere campanello di allarme.

Si riscontra anche un calo ponderale (perdita di peso indipendente da una dieta ipocalorica) non giustificabile altrimenti. L’organismo inoltre cerca di far fronte all’iperglicemia eliminando glucosio e lo fa attraverso le urine, con conseguente glicosuria (presenza di glucosio nelle urine). Il glucosio è un nutriente energetico che viene perso e si determina quindi un deficit energetico (perdita di glucosio e calorie). Il calo di peso è legato anche alla disidratazione (conseguente alla poliuria).

Possono comparire disturbi visivi come calo del visus, soprattutto nel diabete di tipo 2 (spesso la diagnosi è in prima istanza conseguente ad una visita oftalmologica). Poiché il glucosio aumentato interessa tutti i liquidi corporei, compresi quelli oculari, si determina una variazione di osmolarità e deformazione del cristallino con conseguente disturbi visivi.

Le infezioni ricorrenti dell’apparato urogenitale, soprattutto nelle donne, secondarie alla presenza di glucosio nelle urine, ottimo terreno di coltura vescicale e nei genitali esterni, sono anch’esse sintomo da considerare.


Sintomi Complicanze acute
Poliuria Chetoacidosi (DM1)
Polidipsia Come iperosmolare (DM2)
Polifagia
Calo ponderale
Calo del visus
Infezioni vie urinarie

Complicanze acute

Se il diabete non viene diagnosticato con questi sintomi, l’iperglicemia può condurre a complicanze acute piuttosto pericolose.

La chetoacidosi è una complicanza metabolica acuta tipica del tipo 1 all’esordio non diagnosticato dovuta all’iperglicemia e all’iperchetonemia, fino a giungere all’acidosi metabolica. Per massima semplificazione, quando non vi è insulina, nonostante l’iperglicemia, l’ingresso di glucosio nelle cellule (in quelle in cui l’ingresso è insulino-dipendente come epatociti, rabdomiociti, adipociti) non avviene. Tra queste, gli epatociti non riescono a lavorare correttamente: è come se le cellule e l’organismo fossero a digiuno, paradossalmente come se fossero in condizione di glicopenia (carenza di glucosio), portando così al catabolismo dei lipidi per fini energetici. Tuttavia, se non vi è glucosio a disposizione, il ciclo di Krebs (ciclo principe intracellulare coinvolto nel metabolismo energetico, noto anche come ciclo degli acidi tricarbossilici o ciclo dell'acido citrico) termina con la formazione dei corpi chetonici. I corpi chetonici aumentano di concentrazione, venendo anche rilasciati in circolo, e modificano il pH dell’organismo acidificandolo ( ↓ pH): si va incontro all’acidosi metabolica. Se questa condizione non viene riconosciuta prontamente, soprattutto nel bambino con diabete di tipo 1 dove la carenza insulinica è solitamente assoluta, e non viene trattata con infusione di liquidi per via endovenosa (congiuntamente a somministrazione di insulina, ormone salvavita!) in ambiente ospedaliero, può portare a coma e morte.

Nel diabete di tipo 2 invece, dove non vi è deficit assoluto di insulina ma soprattutto insulino-resistenza, quello che può occorrere in corso di gravi infezioni o trattamenti farmacologici (es. cortisone ad alte dosi) è uno scompenso glicemico importante (stato iperglicemico iperosmolare). Questo stato può portare ad un vero e proprio coma iperosmolare, poiché quello che l’iperglicemia comporta in questa condizione è una gravissima disidratazione con disturbi elettrolitici ( ↑ [Na+], [K+], [Cl-], dannoso per l’organismo; esami ematochimici evidenziano iperglicemia ed emo-concentrazione), con presenza di stato confusionale. Il trattamento deve essere rapido: somministrazione di liquidi ed insulina per via endovenosa, pena coma, crisi convulsive e morte.

Criteri diagnostici e Target glicemici

Criteri diagnostici

La diagnosi di diabete mellito si può porre in presenza di:

Target glicemici

I target glicemici, dopo la diagnosi e l’inizio del trattamento della malattia, per evitare l’instaurazione delle complicanze e ritardarne la comparsa, sono (secondo gli Standard di Cura SID-AMD):


ADA IDF ACE / AACE SID / AMD
HbA1c (%) < 7 ≤ 6.5 ≤ 6.5 < 7 (6.5)
Glicemia
digiuno
(mg/dl)
90-130 < 110 < 110 70-130
Glicemia
postprandiale
(mg/dl)
< 180 (picco) < 145 (1-2h) < 160 < 160 (140)

I target risentono moltissimo delle condizioni del paziente, della terapia, delle comorbiditĂ , e quindi possono essere piĂą o meno stringenti a seconda degli altri parametri. Ad esempio, per il diabete gestazionale bisogna essere piĂą restrittivi:




  1. Brevemente, le isole (o isolotti) del Langerhans sono agglomerati cellulari pancreatici deputati alla secrezione endocrina. Contengono diversi tipi cellulari, caratterizzati per diverso tipo di sintesi e secrezione degli ormoni: cellule ⍺ glucagone, cellule β insulina, cellule δ somatostatica, cellule ε grelina, cellula PP polipeptide pancreatico.↩

  2. Il peptide C é una proteina che tiene unite in regione intracellulare le due catene A e B che caratterizzano l'insulina matura. Tale peptide é utile alla cellula per una corretta sintesi dell'insulina e viene secreto in quantità equimolari rispetto all'insulina stessa: il suo dosaggio ematico diviene quindi marker indiretto della secrezione di insulina.↩

  3. nicturia: aumentata minzione durante la notte; enuresi: emissione involontaria di urina durante il sonno nel soggetto che ha già raggiunto un controllo sfinteriale (dopo i 5-6 anni).↩

#diagnosi #gestazionale #tipo 1 #tipo 2